L’ANGOLO DELLA LITURGIA – i riti della soglia

Pubblicato giorno 1 ottobre 2016 - Catechesi, Liturgia

La bellezza dell’ouverture: i “riti della soglia” nella liturgia
Sollecitati dalle richieste dei catechisti che hanno partecipato ai corsi sulla liturgia, iniziamo una serie di articoli che illustrano i vari riti che compongono la celebrazione eucaristica. I contenuti saranno sicuramente motivo di auto-formazione per ogni catechista e parroco.

Ogni volta che si entra in una realtà bisogna varcare una porta. Nella liturgia, i riti di introduzione possono essere definiti i “riti della soglia”, perché ci trasportano da una situazione a un’altra, ci fanno entrare nella celebrazione, ne sono una sorta di inaugurazione e questa è la loro funzione: portarci dentro il mistero che dobbiamo celebrare.
La storia di questi riti è complessa e ha causato nei secoli un affastellamento di elementi che provengono da molte tradizioni liturgiche diverse.
La prima cosa da sottolineare è che questo varcare la soglia, dietro la croce e il libro dei vangeli, ci introduce in una realtà in cui siamo assemblea liturgica non per virtù nostra, ma perché generati dall’alto: seguiamo Cristo e siamo protesi verso il centro spaziale dell’aula liturgica che è l’altare, simbolo di Cristo, e da lì attendiamo ogni grazia per essere generati dal Risorto. Questo avviene attraverso la processione di ingresso, un segno importante che spesso viene disatteso. Tutto è troppo spesso ridotto a una improvvisa apparizione del presbitero davanti all’altare.
Essere assemblea non è un dato sociologico: la domenica non è la festa della comunità, ma il giorno del Risorto nel cui nome i cristiani sono generati e si ritrovano.
I riti di introduzione precedono la liturgia della Parola e sono costituiti dall’introito, il saluto, l’atto penitenziale, il Kyrie eleison, il Gloria e l’orazione (o colletta), e hanno un carattere di inizio, di introduzione e di preparazione. Il messale precisa che: «Scopo di questi riti è che i fedeli, riuniti insieme, formino una comunità, e si dispongano ad ascoltare con fede la parola di Dio e a celebrare degnamente l’eucaristia». E aggiunge, presentando l’introito: «Quando il popolo è riunito, mentre il sacerdote fa il suo ingresso con i ministri, si inizia il canto d’ingresso. La funzione propria di questo canto è quella di dare inizio alla celebrazione, favorire l’unione dei fedeli riuniti, introdurre il loro spirito nel mistero del tempo liturgico o della festività…».
L’eucaristia inizia quando il popolo è radunato, proteso verso Gesù Cristo. Siccome siamo esseri umani non possiamo passare improvvisamente da una situazione all’altra senza l’aiuto di segni sensibili. I riti di introito sono proprio come una camera iperbarica di decompressione. Ci aiutano a raccoglierci attorno al Risorto, e questi segni devono essere molteplici: canto, profumo di incenso, colori, evangeliario, croce astile, sacerdote, assemblea…
Il canto d’introito accompagna il rito, non lo genera. Le prime parole del sacerdote, a sua volta simbolo di Cristo in mezzo a noi, ci aiutano a comprendere quello che sta avvenendo: «Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo… Il Signore con voi!». Il messale specifica: «Terminato il canto d’ingresso, il sacerdote e tutta l’assemblea si segnano col segno di croce. Poi il sacerdote con il saluto annunzia alla comunità riunita la presenza del Signore. Il saluto sacerdotale e la risposta del popolo manifestano il mistero della Chiesa radunata». Il significato del saluto e del segno di croce consiste nel prendere atto che siamo in Cristo e da lui generati come Chiesa. La prima consapevolezza è proprio questa: essere stati generati dal Risorto come Chiesa. Noi siamo nell’aula liturgica non per sentir la predica del parroco o una buona parola o per dire le preghiere della Domenica, ma perché Cristo è risorto. Non c’è altro motivo. E se siamo lì, è perché Lui è vivo sulla morte e sul peccato ed è Lui che ci rende chiesa. «Dominus vobiscum», cioè “Il Signore (sia) con voi” vuol dire: il Signore è vivo!
Elide Siviero
servizio per il catecumenato

Articolo tratto dalla Difesa del Popolo